Non buttiamo a mare la libera circolazione

Il prossimo 27 di settembre saremo chiamati a votare sull’iniziativa popolare “Per un’immigrazione moderata (Iniziativa per la limitazione)”, si chiede che la Svizzera disciplini autonomamente l’immigrazione degli stranieri in Svizzera senza libera circolazione delle persone. Sono contrario a questa soluzione presentata quale cura miracolosa per risolvere i pur esistenti problemi del mercato del lavoro.

L’articolo 2 della nostra Costituzione definisce gli scopi e afferma che la Confederazione deve adoperarsi per l’indipendenza e la prosperità del paese. Nel nostro paese non vi è nessuna intenzione di mettere in gioco la nostra indipendenza. Un’adesione all’UE è fuori discussione (è ancora presente solo nel programma del Partito socialista) e quindi il primo punto è assodato. Fatta questa premessa, per assicurare la prosperità del paese abbiamo seguito, dopo innumerevoli decisioni e votazioni popolari, la strada degli accordi bilaterali. Oggi ve ne sono oltre 120 nei più svariati ambiti economici ed hanno assicurato al nostro paese un benessere che rimane invidiabile, Ticino incluso. Chi avesse dei dubbi è invitato a farsi un giretto fuori le nostre mura. 

Uno degli elementi chiave di questi accordi è la libera circolazione delle persone (ALC). Chi non accetta questo principio fa saltare tutto il resto, per questo si parla di clausola ghigliottina. In fondo sembra essere piuttosto ovvio parlando di accordi bilaterali. Il termine stesso richiama alla necessità di negoziare una soluzione accettata dalle parti ed è implicito che vi siano delle condizioni non negoziabili. La Svizzera, ma vale anche per gli altri Stati, non può avere il soldino e il panino. 

È bene ricordare che per beneficiare della libera circolazione delle persone occorre soddisfare alcune condizioni, tra cui disporre di un contratto di lavoro valido, esercitare un’attività lucrativa indipendente o, in caso di inattività, dimostrare di disporre di mezzi finanziari sufficienti nonché di disporre di un’assicurazione malattia che copre tutti i rischi (messaggio del Consiglio federale). Dobbiamo essere consapevoli che sono quindi i datori di lavoro a semmai attirare la forza di lavoro estera, non si tratta di un assalto da parte dello straniero.

Il Ticino quale regione di frontiera ha certamente una situazione particolare visto che è confrontato con il vasto e sofferente mercato del lavoro lombardo. I frontalieri fintanto che erano nell’agricoltura, nell’industria e nell’edilizia non ci facevano paura. Anzi eravamo ben contenti di poter contare su questa manodopera in settori che i ticinesi da soli non sarebbero stato in grado di soddisfare. Mentre invece la crescita importante registrata negli ultimi anni nel terziario (da 25’000 nel 2010 ai 42'000 del 2019) ha certamente portato ad una forte concorrenza e a una certa pressione verso il basso dei salari. È un fatto confermato dai 16 contratti normali resi obbligatori dal Cantone di fronte agli abusi riscontrati, anche se riferiti a circa il 10% dei posti di lavoro complessivi. È un dato altrettanto oggettivo che in Ticino vi è la percentuale più alta di controlli da parte degli ispettori del lavoro. Questo per dire che i problemi non vanno negati e vanno affrontati con determinazione nel contesto delle misure di accompagnamento previste. Allo stesso modo è indispensabile richiamare cittadini, aziende e enti pubblici all’assunzione della declamata - e ribadita all’infinito in tempi pandemici - responsabilità individuale per fare quanto possibile a favore di un’economia sana che possa creare posti di lavoro, socialmente responsabile e rispettosa delle regole del gioco.

La Svizzera è al centro dell’Europa. Siamo 8 milioni di abitanti a fronte ai 500 milioni dell’UE, con cui abbiamo scambi commerciali di 1 miliardo di franchi al giorno. Grazie agli Accordi bilaterali godiamo di un’economia virtuosa che ci permette di offrire ai cittadini il benessere che abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni e una qualità di vita invidiabile. Certamente i problemi, in particolare in Ticino, ci sono e vanno affrontati con determinazione argomentando con arguzia le peculiarità del Ticino a Berna. 

Ma evitiamo di dare retta a quel sedicente medico che a chi aveva una forte emicrania consigliava di tagliare la testa. Questa cura non ha mai guarito nessuno. 

Bixio Caprara, presidente, Corriere del Ticino, 8 luglio 2020