L’esito della votazione del 9 giugno non è piaciuto ai promotori del referendum. Ancora una volta, quando i cittadini votano contro le indicazioni della sinistra, ecco tornare la narrazione del «popolo bue» che, persa ogni saggezza, si lascia ingannare da chi spaccia l’interesse di pochi per l’interesse di tutti. Se la campagna referendaria del «No ai regali a ricchi», degli sgravi fiscali che minacciano la socialità e degli attacchi personali non ha fatto presa, sarebbe solo perché la gente credulona si è lasciata fuorviare da abili manipolatori.
Ma che cosa ha deciso il popolo? Ha scelto di non pagare più imposte per finanziare una spesa pubblica che pare sempre meno sostenibile e per mantenere una macchina della Stato che costa sempre di più. Ha detto sì alle maggiori detrazioni fiscali per le spese professionali, alla diminuzione della tassazione sul prelievo del capitale previdenziale, alle facilitazioni per le successioni aziendali e ha detto no all’aumento per tutti del 3 % delle imposte. Più saggio di così! E ha detto sì anche allo sgravio fiscale per gli alti redditi. È stato questo il vero pugno nello stomaco per chi vede i ricchi come il fumo negli occhi e sogna di aggredirne i patrimoni usando il fisco come un piede di porco. I ticinesi hanno invece capito che dei buoni soggetti fiscali il Cantone ha bisogno. Perché in loro assenza saremmo tutti costretti a pagare più tasse e imposte. Hanno capito che non si può fare a meno di quel 3% di contribuenti che da soli pagano il 35% delle imposte delle persone fisiche e neppure dei «famigerati» globalisti che, nel 2022, hanno versato nelle casse di Cantone, Confederazione e Comuni ben 183,5 milioni di franchi.
Soldi, tanti soldi che permettono fra l’altro di tenere in piedi la vasta rete del nostro sostegno sociale. Questo sì ha semplicemente consentito al Ticino di risalire dagli ultimi posti della classifica della concorrenzialità intercantonale verso la media. Grazie al sì oggi abbiamo maggiori argomenti per trattenere contribuenti importanti e per attirarne di nuovi, in virtù di una fiscalità più competitiva. Promuovendo il referendum la sinistra ha commesso un errore strategico. Ha ridotto all’ennesimo scontro sul fisco una riforma che invece è intrinsecamente equilibrata, oltre che necessaria per riattivare quei fattori di competitività e di attrattività che possono dare impulso alla crescita economica e sociale del Ticino. Il popolo ha capito quello che, invece, è sfuggito ai promotori del referendum: un’equa redistribuzione dei redditi e una socialità generosa ed efficiente necessitano della presenza sul territorio di famiglie capaci di generare un gettito fiscale rilevante. In loro assenza saremmo tutti condannati a pagare più imposte.
Cristina Maderni, Corriere del Ticino, 4 luglio 2024